Rosa Parks: La Donna Che Si Sedette per Farsi Valere
Salve, sono Rosa Parks e vorrei raccontarvi la mia storia. Forse mi conoscete come la donna che si rifiutò di cedere il suo posto su un autobus, ma la mia lotta per la giustizia è iniziata molto prima di quel giorno. La mia storia comincia in un luogo chiamato Tuskegee, in Alabama, dove sono nata il 4 febbraio 1913. Sono cresciuta in una piccola fattoria a Pine Level con mia madre, Leona, che era un'insegnante, e i miei nonni. Loro mi hanno insegnato l'importanza dell'orgoglio, del rispetto di sé e del battersi per ciò che è giusto. Vivevamo in un'epoca e in un luogo governati dalle leggi 'Jim Crow'. Queste erano regole profondamente ingiuste che separavano le persone bianche da quelle di colore. C'erano fontanelle d'acqua separate, scuole separate e persino ingressi separati negli edifici. Fin da bambina, sentivo il peso di questa ingiustizia e non riuscivo a capirne il motivo. Ricordo che mio nonno, Sylvester, a volte sedeva sulla nostra veranda di notte con il suo fucile, vegliando per proteggere la nostra famiglia dalle minacce dei gruppi razzisti. Non diceva molto, ma la sua forza silenziosa e la sua determinazione a difenderci mi hanno insegnato una lezione potente sul coraggio. La sua presenza mi faceva sentire al sicuro, ma mi ricordava anche i pericoli che ci circondavano. Quella determinazione, quel seme di coraggio, mise radici dentro di me e crebbe nel corso degli anni.
Ho sempre amato imparare e la scuola era il mio posto preferito, anche se la mia istruzione è stata spesso interrotta. La nostra scuola per bambini di colore era aperta solo cinque mesi all'anno e avevamo libri di seconda mano e poche risorse. Nonostante ciò, mia madre mi ha sempre spronato a studiare. La mia vita cambiò quando incontrai e sposai mio marito, Raymond Parks, nel 1932. Raymond era un barbiere, ma era anche un uomo colto e un attivista impegnato nella National Association for the Advancement of Colored People, o NAACP. Vedeva in me un potenziale che a volte non vedevo nemmeno io. Fu lui a incoraggiarmi a tornare a scuola e a prendere il diploma di scuola superiore nel 1933, un traguardo di cui andavo molto fiera, dato che all'epoca pochi afroamericani avevano questa opportunità. Ispirata da Raymond, mi unii anch'io alla sezione di Montgomery della NAACP. Diventai la segretaria del suo presidente, E.D. Nixon. Il mio lavoro non era affatto noioso. Viaggiavo per l'Alabama per indagare su casi di violenza e discriminazione, documentando le storie di persone che avevano sofferto ingiustizie terribili. Questo lavoro mi aprì gli occhi sulla profondità del razzismo e mi insegnò come organizzare, pianificare e lottare per i nostri diritti in modo strategico. Ogni caso che trattavo rafforzava la mia convinzione che dovevamo agire.
E poi arrivò quel giorno che cambiò tutto. Era una sera fredda di giovedì, il 1° dicembre 1955. Avevo passato la giornata a lavorare come sarta in un grande magazzino di Montgomery. Quando finii, salii sull'autobus per tornare a casa. Ero stanca, le mie spalle dolevano per essere stata china sulla macchina da cucire, ma c'era un altro tipo di stanchezza che sentivo molto più profondamente. Era la stanchezza di cedere sempre, la stanchezza di essere trattata come una cittadina di seconda classe. Trovai un posto a sedere nella sezione centrale, quella 'mista', dove le persone di colore potevano sedersi finché non c'erano passeggeri bianchi in piedi. Man mano che l'autobus si riempiva, l'autista, James Blake, si girò e ordinò a me e ad altri tre passeggeri di colore di alzarci per far sedere un uomo bianco. Gli altri si alzarono, ma io rimasi seduta. Un'ondata di determinazione mi pervase. Non era un gesto pianificato, ma una decisione nata da una vita di ingiustizie. L'autista mi chiese di nuovo di alzarmi e io risposi semplicemente: 'No'. Non gridai, non feci una scenata. Dissi solo 'no' con una forza tranquilla. L'autista chiamò la polizia e fui arrestata. Quella notte, il mio arresto non passò inosservato. E.D. Nixon vide un'opportunità. La mia reputazione di cittadina rispettabile mi rendeva il simbolo perfetto per una protesta più ampia. Quell'atto di sfida scatenò il Boicottaggio degli Autobus di Montgomery, una protesta di 381 giorni in cui la nostra comunità si rifiutò di usare i mezzi pubblici. Guidati da un giovane e carismatico predicatore di nome Dr. Martin Luther King Jr., mostrammo al mondo che potevamo ottenere un cambiamento attraverso la protesta pacifica e unita.
Il boicottaggio fu una vittoria storica. Nel novembre del 1956, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale la segregazione sugli autobus. Ma la fine del boicottaggio non fu la fine delle mie difficoltà. A causa del nostro ruolo nella protesta, sia io che mio marito perdemmo il lavoro. Ricevemmo molte minacce e la vita a Montgomery divenne troppo pericolosa per noi. Nel 1957, fummo costretti a trasferirci a Detroit, nel Michigan, in cerca di sicurezza e di un nuovo inizio. Ma il mio spirito combattivo non si spense mai. Non ho mai smesso di lavorare per la giustizia e l'uguaglianza. Per molti anni, dal 1965 al 1988, ho lavorato come assistente per il deputato John Conyers, aiutando i cittadini del suo distretto e continuando a lottare per i diritti civili a livello nazionale. La gente mi ha spesso definita 'la madre del movimento per i diritti civili', ma io voglio che sappiate una cosa: non ero una persona speciale. Ero una persona comune, proprio come voi, che credeva che il cambiamento fosse possibile e che era stanca di accettare l'ingiustizia. Ho continuato questo lavoro per il resto della mia vita, fino alla mia morte, avvenuta nel 2005. La mia storia dimostra che un singolo atto di coraggio, non importa quanto piccolo possa sembrare, può avere un impatto enorme. Ognuno di noi ha il potere di farsi valere e di contribuire a rendere il mondo un posto più giusto ed equo per tutti.
Domande di Comprensione della Lettura
Clicca per vedere la risposta